L’H2 è considerato l’opzione più promettente per ridurre l’impatto ambientale delle filiere produttive che non possono essere elettrificate. Un percorso non semplice, ma già partito grazie alle iniziative di diverse aziende e ai programmi di finanziamento europei (IPCEI) e nazionali (PNRR)

Se il percorso di transizione energetica dell’economia nel suo complesso appare articolato e non privo di ostacoli, ancor più complesso si preannuncia il cammino che in questa direzione dovranno compiere le industrie definite ‘hard to abate’, ovvero quelle filiere produttive come l’acciaio, il vetro, il cemento, la ceramica (solo per citarne alcune), le cui lavorazioni richiedono temperature molto elevate, difficilmente raggiungibili con l’elettrificazione diretta.

In tali casi l’idrogeno può essere la soluzione più efficace, grazie alla sua capacità di decarbonizzare questo tipo di processi, diventando al contempo un’alternativa ‘green’ al gas naturale, la cui disponibilità oggi – alla luce del conflitto in Ucraina e dei suoi effetti sul mercato energetico globale – non è più un elemento scontato come forse poteva apparire in passato.

Uno switch dell’industria ‘hard to abate’ verso l’H2 non costituisce tuttavia un passaggio semplice, anzi: la strada, pur essendo quella che si preannuncia maggiormente promettente, sarà in salita.

E questo per una molteplicità di ragioni, a partire dalla scarsità del combustibile che – come noto – non si trova puro in natura ma deve essere prodotto partendo dal gas metano (con un processo chiamato steam reforming, che dà luogo all’idrogeno identificato per convenzione con il colore blu) oppure da acqua ed energia rinnovabile (utilizzando elettrolizzatori in grado di scindere la molecola di H2O per generare ossigeno e idrogeno, definito in questo caso verde).
 



Per decarbonizzare l’industria ‘hard to abate’ italiana – secondo uno studio pubblicato dal Politecnico di Milano la scorsa estate – servirebbero almeno 70 GW di nuova capacità di produzione di energia rinnovabile e 15 GW di capacità di elettrolisi. Valori decisamente maggiori di quelli indicati a suo tempo dal Governo italiano nelle ‘Linee guida preliminari’ pubblicate dal Ministero dello Sviluppo Economico a fine 2020, in cui si parlava di 40 GW di nuova capacitè di produzione di energia rinnovabile e di 5 GW di elettrolisi entro il 2030.

A dare avvio a questo processo è però intervenuto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che stanzia ben 2 miliardi di euro per l’utilizzo di H2 nell’industria ‘hard to abete’ (su circa 3,5 miliardi di euro destinati in totale al tema idrogeno): come delineato dal decreto attuativo emanato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica a inizio dicembre 2022, 1 miliardo servirà a sostenere “progetti e interventi finalizzati alla sostituzione di almeno il 10% del metano e dei combustibili fossili utilizzati nei processi produttivi” di questi settori con “con idrogeno verde e/o rinnovabile”. La parte restante delle risorse, ovvero un altro miliardo di euro circa, verrà convogliata sul polo siderurgico ex Ilva di Taranto, per consentire lo sviluppo di un impianto di produzione di ferro preridotto mediante processo Direct Reduced Iron (DRI) alimentato da idrogeno verde.

 

Gli Important Project of Common European Interest sull’idrogeno

Sull’utilizzo dell’idrogeno nell’industria si è concentrato anche il secondo Important Project of Common European Interest (IPECI) sull’idrogeno, l’IPCEI Hy2Use, approvato dalla Commissione Europea a settembre 2022: il programma prevede che gli Stati membri eroghino fondi pubblici per complessivi 5,2 miliardi di euro a 35 diversi progetti. Di questi, 4 sono italiani e vedono coinvolti alcuni dei principali gruppi energetici, tecnologici e industriali nazionali.
Si tratta di NextChem, società del gruppo Maire Tecnimont, che realizzerà un impianto waste-to-hydrogen (produzione di H2 da rifiuti) nell’ambito della futura Hydrogen Valley che sorgerà a Roma; RINA – CSM (Centro Sviluppo Materiali), che con il progetto HYDRA punta a creare un’infrastruttura dimostrativa su scala significativa per l’utilizzo di idrogeno nell’industria siderurgica; SardHy Green Hydrogen, newco costituita dal gruppo petrolifero Saras e da Enel Green Power per il progetto relativo alla decarbonizzazione della raffineria di Sarroch, in provincia di Cagliari; South Italy Green Hydrogen, joint-venture tra Eni ed Enel che si occuperà dei progetti di decarbonizzazione, grazie all’idrogeno, delle raffinerie di Gela e Taranto.




LEGGI ANCHE: Energia solare: a che punto siamo in Italia, nei Paesi Africani e nel Bacino del Mediterraneo

 

I progetti italiani nell’industria dell’acciaio, della ceramica, del vetro e del cemento

Quelli ammessi al programma europeo IPCEI Hy2Use, ovviamente, non sono gli unici progetti italiani che mirano ad introdurre l’idrogeno nel ciclo produttivo delle industrie ‘hard to abate’. Nel corso dell’ultimo biennio, infatti, numerose aziende attive in questi comparti si sono mosse e, grazie alla collaborazione di partner tecnologici ed energetici, hanno iniziato a studiare le possibili soluzioni per poter decarbonizzare il loro business utilizzando l’H2.

Solo per citare alcune delle iniziative più significative, nel settore siderurgico vale la pena ricordare il progetto che vede coinvolte Edison e Snam al fianco di Tenaris (gruppo Techint) per installare un elettrolizzatore da 20 MW all’interno dello stabilimento di Dalmine; la sperimentazione effettuata da Snam e RINA presso lo stabilimento Forgiatura A. Vienna di Rho (provincia di Milano) del gruppo GIVA; il progetto ‘Sicilian Sustainable Steel’ lanciato da Enel Green Power e Acciaierie di Sicilia la scorsa estate con l’obbiettivo di sostituire con H2 green il 30% del gas naturale attualmente impiegato nel forno di riscaldo del laminatoio dell’azienda siciliana.

Nel settore della ceramica, tra 2021 e 2022, da segnalare ci sono le iniziative di Iris Ceramica (in partnership con Snam), Atlas Concorde, Ceramica Mediterranea (insieme ad Enel) e Ceramiche Conca (in quest’ultimo caso grazie al finanziamento di Unicredit).

Non mancano infine progetti di utilizzo di idrogeno nell’industria del vetro – come quello promosso dal Gruppo Bormioli con RINA e Snam e quello che riguarderà direttamente la filiera artigianale del vetro artistico di Murano – e del cemento, con un ‘colosso’ come Buzzi Unicem che si è rivolto a Italgas per verificare la possibilità di installare impianti power-to-gas con cui generare idrogeno verde da combinare poi con la CO2 catturata presso gli stabilimenti del gruppo cementiero italiano, al fine di ottenere metano sintetico low carbon da impiegare nel ciclo produttivo.


Articolo a firma di Francesco Bottino – Fonder and Director Hydronews